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16 ottobre 1943 Copertina flessibile – 9 gennaio 2015
- Lunghezza stampa90 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione9 gennaio 2015
- Dimensioni12 x 0.8 x 19.7 cm
- ISBN-108806225723
- ISBN-13978-8806225728
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Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (9 gennaio 2015)
- Lingua : Italiano
- Paperback : 90 pagine
- ISBN-10 : 8806225723
- ISBN-13 : 978-8806225728
- Peso articolo : 99,8 g
- Dimensioni : 12 x 0.8 x 19.7 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 134,198 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
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Perché, si chiede l’autore, gli ebrei del Ghetto non si erano dispersi nonostante il clima che si respirava a Roma dopo l’8 settembre, perchè sono sembrati increduli e al tempo stesso fiduciosi che si trattasse solo di un trasferimento in un campo di lavoro nella zona. Per darsi una risposta plausibile bisogna fare un passo indietro.
Alcune settimane prima Kappler convocò i rappresentanti della Comunità ebraica e i rappresentanti delle istituzioni statali, disse loro che gli ebrei di Roma erano doppiamenti colpevoli sia come italiani quindi traditori, sia come ebrei quindi nemici della Germania. Il Reich imponeva quindi una taglia, dovevano raccogliere e dare 50 kg d’oro in un giorno e mezzo. Nonostante il poco tempo, nonostante la penuria di oro, e grazie anche all'aiuto dei romani non ebrei essi riuscirono ad accontentare i tedeschi. Si sentivano quindi al riparo, avevano pagato, avevano espiato le loro “colpe” agli occhi dei nazisti, avevano la parola di Kappler, la loro sicurezza in cambio dell’oro.
E quindi la vita nel Ghetto riprese normalmente, gli abitanti erano piccoli artigiani e commercianti, facevano una vita modesta e riservata, lavoravano.
Quando oggi si percorre la strada principale, Il Portico d’Ottavia non si può fare a meno di immaginare quella mattina quando il quartiere fu invaso di soldati e la tragedia scese su quelle persone del tutto ignare.
In realtà, la sera prima, una donna che il Debenedetti chiama la Celeste, e che oggi sappiamo essere Elena di Porto alla cui memoria quest’anno è stata inserita una pietra d’inciampo nel Ghetto, venne ad avvertirli dell’imminente rastrellamento, così l’autore ci descrive la scena:
"Giungeva invece nell’ex Ghetto di Roma, la sera di quel venerdì 15 ottobre, una donna vestita di nero, scarmigliata, sciatta, fradicia di pioggia. Non può esprimersi, l’agitazione le ingorga le parole, le fa una bava sulla bocca. È venuta da Trastevere di corsa. Poco fa, da una signora presso la quale va a mezzo servizio, ha veduto la moglie di un carabiniere, e questa le ha detto che il marito, il carabiniere, ha veduto un tedesco, e questo tedesco aveva in mano una lista di duecento capifamiglia ebrei, da portar via con tutte le famiglie."
Non venne creduta, la poveretta aveva una brutta nomea, e poi avevano pagato con l’oro, si ritirarono nelle loro case e andarono a dormire tranquilli.
Ma al mattina le strade erano invase dai soldati, prendono tutti, uomini, donne, bambini, malati, sono scene drammatiche, incomprensibili, a fine mattinata vengono stipati in camion nel frattempo neonati, vecchi malati sono morti per i bruschi maltrattamenti, e gli ebrei tutti, all’epoca dei fatti calcolati in più di 1200 persone vengono stipate in vagoni treno alla stazione Tiburtina per la loro destinazione ultima.
Otto ebrei
C’è un ulteriore fatto di cronaca riportato da Debenedetti che riguarda le fosse Ardeatine e che fece molto parlare quando fu stampato e che gli valse aspre critiche, ma oggi risuona davvero fin troppo veritiero.
Dopo la Liberazione, l’alta Corte di Giustizia iniziò a raccogliere le testimonianze per stabilire le responsabilità dell’eccidio, e uno dei commissari di polizia che avrebbe dovuto vagliare un elenco di 50 persone da arrestare da una lista di 60 decise di depennare 8 ebrei e 2 nominativi scelti a caso. Quindi secondo lui questa era la dimostrazione del suo impegno antifascista e antirazzista.
E Debenedetti osserva che gli ebrei chiedono di non avere speciali diritti ma diritti uguali, “ e riparazione sarebbe quella di mettere gli ebrei in mezzo alla vita degli altri, nel circolo delle sorti umane, e non già appartarli sia pure per motivi benigni”.
Interessanti sono le due prefazioni di Moravia, la prima di presentazione dell’autore all’uscita del libro, la seconda negli anni ‘70 dove racconta la sua personale esperienza come figlio di madre ebrea e della paura che aveva pervaso la sua giovinezza.
Un’altra prefazione a cura di Natalia Ginzburg in cui lei fa suo il pensiero di Debenedetti, è altrettanto toccante.
Una lettura che ha un taglio diverso, asciutto e al tempo stesso partecipe, rispetto ad altre letture fatte sul tema del rastrellamento del Ghetto e delle Fosse Ardeatine.
Per non dimenticare.
La splendida biografia di Debenedetti a cura di Anna Folli per capire chi era e in che importante contesto culturale e letteraio si inserisce la figura del grande critico.
exlibris.forumcommunity.net
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