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Estratto Estratto
Configurazione Tundra Copertina flessibile – 27 febbraio 2020
Opzioni di acquisto e componenti aggiuntivi
Un’architettura che genera mutazioni nel comportamento umano, funzionali a rendere l’individuo felice. Questo è il progetto Bioma, teorizzato da Marta Fiani. A Tundra, la città-bioma perfetta, Diana vive nell’appartamento che fu della figlia di Marta, Lea. Diana, indagando tra le memorie di Lea – foto, lettere, quaderni – porterà alla luce il vissuto di Marta e di sua figlia, i ricordi, le aspirazioni e, soprattutto, il modo in cui il «modello Tundra» ha mutato le relazioni tra persone e la loro percezione del tempo – ma anche l’occasione per rispondere alla cruciale domanda: chi sono io?
Un dramma futuribile al tempo stesso delicato e tagliente che rievoca le atmosfere di Don DeLillo e Solaris.
- Età di letturaDa 3 anni in su
- Lunghezza stampa106 pagine
- LinguaItaliano
- Dimensioni14.4 x 1.6 x 21.4 cm
- EditoreTunué
- Data di pubblicazione27 febbraio 2020
- ISBN-108867903721
- ISBN-13978-8867903726
Dettagli prodotto
- Editore : Tunué (27 febbraio 2020)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 106 pagine
- ISBN-10 : 8867903721
- ISBN-13 : 978-8867903726
- Peso articolo : 160 g
- Dimensioni : 14.4 x 1.6 x 21.4 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 259,943 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 5,361 in Fantascienza (Libri)
- n. 83,320 in Narrativa di genere (Libri)
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(segue su Cabaret Bisanzio)
Voglio che tu sia felice. Ti permetterò di sottrarti alla schiavitù del Tempo."
A Tundra ogni persona viene assegnata a una casa per un tempo prestabilito. Diana viene assegnata alla casa che fu di Lea Fiani, figlia della rivoluzionaria architetta Marta Fiani. Lea ha anche lei fatto qualcosa di rivoluzionario: lascia degli oggetti nella casa e non oggetti qualunque; i suoi diari, la sua testimonianza di esistenza. Diana cerca così di ricostruire la storia di Lea, incrociando le scie delle persone che l'hanno conosciuta.
Quando ho finito di leggere "Configurazione Tundra" mi sono sentita profondamente disorientata. Ho chiuso il libro e ho guardato attentamente l'uroboro in copertina; così, ho deciso di rileggere alcune pagine e ho trovato ciò che stavo cercando: gli indizi disseminati in tutte le pagine che solo alla fine riesci a sommare a trasformare in una storia. Sebbene sia un libro breve (106 pagine) è estremamente denso di riflessioni filosofiche: che cos'è la felicità? Siamo infelici perché esiste il libero arbitrio? Che cosa significa esistere? Quale rapporto esiste tra l'Io e l'ambiente che occupa? Quale il suo rapporto col Mondo?
La distopia di Configurazione Tundra è particolare, esoterica, misteriosa che mi ha fatto pensare a "L'isola dei senza memoria" per ambientazione e colori e a Dark per la complessità dei concetti di Spazio e Tempo utilizzati, che in questo caso sono due entità volutamente separate. Un romanzo d'esordio originale. Spero vivamente di leggere altre opere di questa autrice.
Voglio che tu sia felice. Ti permetterò di sottrarti alla schiavitù del Tempo."
A Tundra ogni persona viene assegnata a una casa per un tempo prestabilito. Diana viene assegnata alla casa che fu di Lea Fiani, figlia della rivoluzionaria architetta Marta Fiani. Lea ha anche lei fatto qualcosa di rivoluzionario: lascia degli oggetti nella casa e non oggetti qualunque; i suoi diari, la sua testimonianza di esistenza. Diana cerca così di ricostruire la storia di Lea, incrociando le scie delle persone che l'hanno conosciuta.
Quando ho finito di leggere "Configurazione Tundra" mi sono sentita profondamente disorientata. Ho chiuso il libro e ho guardato attentamente l'uroboro in copertina; così, ho deciso di rileggere alcune pagine e ho trovato ciò che stavo cercando: gli indizi disseminati in tutte le pagine che solo alla fine riesci a sommare a trasformare in una storia. Sebbene sia un libro breve (106 pagine) è estremamente denso di riflessioni filosofiche: che cos'è la felicità? Siamo infelici perché esiste il libero arbitrio? Che cosa significa esistere? Quale rapporto esiste tra l'Io e l'ambiente che occupa? Quale il suo rapporto col Mondo?
La distopia di Configurazione Tundra è particolare, esoterica, misteriosa che mi ha fatto pensare a "L'isola dei senza memoria" per ambientazione e colori e a Dark per la complessità dei concetti di Spazio e Tempo utilizzati, che in questo caso sono due entità volutamente separate. Un romanzo d'esordio originale. Spero vivamente di leggere altre opere di questa autrice.
“Ho la sensazione che sia tutto simile a uno strappo, ma che questo strappo non abbia suono.”
Dopo aver letto questa frase avrei anche potuto smettere di leggere il libro.
Perché? Perché questa è una frase “significato”, una frase “mondo”, una frase “senso”. Essa racchiude nella sua meravigliosa scrittura tutto quello che c’è da capire sull’emozione che l’autrice vuole trasmettere.
Dimenticavo, questa frase si trova a pagina sette riga undici, ovvero alla prima pagina del romanzo.
Non intendo dire che con questa frase ho capito il significato del libro, no ovviamente, ma solo che per quanto riguarda la scrittura mi sono bastate le prime righe per capire la bellezza dello stile dell’autrice, e per usare una frase che nessun autore dovrebbe mai usare… un’immagine vale più di mille parole. Invece di parlarvi della scrittura di Elena Giorgiana Mirabelli, vi ho scritto un’immagine così che voi possiate “vederla con i vostri occhi”.
E poi? E poi tre donne. Diana, Lea, Marta. Una città, una configurazione. Della città stessa, dello spazio, del tempo, delle vite. Distopia, utopia. Una distopia fondata su di un’utopia che ha il retrogusto della realtà più prossima.
Lea in qualche modo si ribella e rompe gli schemi e lascia tracce tangibili della sua vita, le lascia nascoste, ma non tanto; nella sua ultima residenza, Diana che occuperà la casa lasciata da Lea, ritrova quelle tracce e cerca di seguirle. Da questo incrocio capiremo Lea, Diana e Marta. Marta Fiani, madre di Lea e ideatrice e filosofa di quella configurazione che creerà l’utopia.
Utopia: cercare di eliminare dalla vita degli esseri umani ogni tipo di complicanze attraverso la progettazione di città e percorsi all’interno della stessa, tendendo a eliminare ogni complessità dalla vita degli uomini. Città-Bioma in cui gli spazi sono neutri e ogni ricordo è cancellato. Ospiti che occupano e sfruttano uno spazio e che alla fine dell’utilizzo viene riconsegnato asettico, così da poter passare al prossimo ospite. Che a sua volta procederà allo stesso modo. I rapporti interpersonali non esistono, si limitano a succedere perché così deve essere. E anche il sesso e la pornografia rispondono a precise domande all’interno di un percorso prestabilito. Come espletare una funzione fisiologica. Anche nelle parafilie. Non bisogna creare ostacoli. Gli ostacoli creano soggettività. La soggettività il pensiero.
Distopia: pensare un’utopia del genere ci porta nel campo della distopia.
Realtà: sarebbe facile adesso fare riferimento al tempo in cui stiamo vivendo, pandemia, virus, state a casa. La vita riorganizzata esclusivamente nei nostri spazi, regole precise per uscire e entrare, tracciati predisposti per eseguire qualsiasi azione. A intervalli, ci apriamo e chiudiamo. Facile anche pensare subito ai totalitarismi, annullare il soggetto in nome della collettività, immaginando un bene superiore, scegliendo chi può fare e eliminando chi è contrario. Vorrei però spingermi oltre. Sbaglierò? Può essere. Mi soffermo sul concetto di spazio. Il nostro è cambiato. Abitiamo oggetti. Estensioni dei nostri spazi e dei nostri corpi. Ci rendono tutti uguali. I social media. Tutti uguali nella forma. Ognuno di noi ha una pagina identica nella struttura a quella di tutti gli altri. Voi direte… il contenuto cambia! Solo il contenitore è uguale.
Ne siete sicuri? Osservate bene. E in questi spazi ognuno di noi si muove allo stesso modo. Celando, mostrando, falsificando. Semplifichiamo e riduciamo le emozioni. Parliamo per immagini. Qualcuno ha più amici sui social che nella vita reale, anzi tutti abbiamo più amici sui social che nella vita reale. Qualcuno è vivo solo sui social. Qualcuno morto vive sui social. Noi lasciamo tracce. Quello che prima era nei cassetti di casa ora si trova su di un profilo. Ma i nostri ricordi (tracce) sono tutti uguali. Seguiamo un flusso, ci facciamo trasportare. Osservate bene. Quelle tracce ci rendono tutti simili perché abbiamo la tendenza all’imitazione spinta dall’approvazione generale. Blocchiamo e veniamo bloccati. Ci eliminiamo a vicenda dalle nostre memorie virtuali. Reali? Realistiche? Tendiamo sempre di più a chiuderci nelle vicinanze del nostro pensiero. Univoco. In una sola direzione, la nostra. Non ci piace l’immagine che ci siamo dati fino a ora? La sopprimiamo. Creiamo un’altra immagine. Poi facciamo qualcosa che per qualcuno è sbagliato, veniamo ammoniti, al prossimo errore account sospeso per trenta giorni. Reiteri l’errore? Allontanato per sempre. Si sparisce. Si crea un nuovo account e si ricomincia daccapo. Sempre uguali.
Direte voi nuovamente… facile parlare male dei social media, ci sei dentro anche tu… è vero, è come… (e qui utilizzo un’altra espressione che uno scrittore non dovrebbe mai usare) è come sparare sulla Croce Rossa! Vero, forse sono andato oltre. Ma questo libro è complesso e stratificato, e come tutti i bei libri si aprono a molteplici significati e interpretazioni. Io ho pensato questo. Questa è la mia lettura. Una delle tante? Voi ne avrete un’altra. Sì, perché il sostrato filosofico che si diffonde nelle parole scritte dall’autrice andrebbe indagato a fondo. Io? Posso farlo io? No. Sul ponte sventola bandiera bianca. Non mi arrendo. Perché?
È un’opera che andrebbe letta e riletta. Poi una pausa e riletta di nuovo. Andrebbe studiata. Un romanzo forte e straniante. Un libro che potrebbe insegnarci molto.