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Il male oscuro Copertina flessibile – 17 novembre 2016
Opzioni di acquisto e componenti aggiuntivi
- Lunghezza stampa508 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreNeri Pozza
- Data di pubblicazione17 novembre 2016
- Dimensioni12.8 x 3.8 x 21.6 cm
- ISBN-108854514063
- ISBN-13978-8854514065
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Dettagli prodotto
- Editore : Neri Pozza; VENTESIMA EDIZIONE (17 novembre 2016)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 508 pagine
- ISBN-10 : 8854514063
- ISBN-13 : 978-8854514065
- Peso articolo : 360 g
- Dimensioni : 12.8 x 3.8 x 21.6 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 60,110 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 5,044 in Narrativa contemporanea (Libri)
- n. 6,561 in Narrativa letteraria (Libri)
- n. 19,897 in Narrativa di genere (Libri)
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Giuseppe Berto (1914-1978) sulla scia del grande Italo Svevo e del suo contemporaneo Carlo Emilio Gadda, capovolge all’indietro la pupilla del narratore, raccontando così non più il mondo esterno ma quello interno all’essere umano.
Viviamo il racconto del protagonista che inizia proprio al capezzale del padre morente. Padre severo e ottuso, che così tanto gli ha influenzato l’esistenza. E che, anche una volta morto, continua a infettagli la vita. Fra le mille cure che il protagonista prova per il suo “oscuro” e inafferrabile male fisico che inesorabilmente gli toglie sempre più parti della vita quotidiana, c’è anche quella della psicoanalisi grazie alla quale scoprirà dolorosamente se stesso e i rapporti col mondo esterno…
Se l’evento di partenza richiama fin troppo chiaramente lo straordinario “La coscienza di Zeno“, il titolo è un richiamo esplicito a “La cognizione del dolore” di Gadda. E Berto alza l’asticella dei due grandi scrittori italiani, raccontando delle nevrosi e del “male di vivere” di un uomo cresciuto all’ombra di una generazione che, con la tragedia immane della Seconda Guerra Mondiale, ha sbagliato le scelte più importanti.
Ma non basta, sulle rovine ancora insanguinate la vecchia generazione è disposta, senza fare una piega, a voltare pagine e ideali lasciando coloro che ha cresciuto – vera carne da cannone del periodo storico – ancora più disorientati e soli. Il protagonista, che dopo aver indossato la camicia nera a fine conflitto diventata un convinto uomo di sinistra, è annichilito dal comportamento del padre – ex Carabiniere del Re – che senza ammettere alcuna colpa tenta spudoratamente di adeguarsi al nuovo Paese che, suo malgrado, anche lui ha contribuito a creare.
Berto ci racconta in maniera cruda e carnale la tragedia di un uomo e di una generazione ma, come forse solo il grande Svevo aveva fatto, lo fa con un sublime e irresistibile umorismo che, sottile e implacabile, illumina ogni pagina e ogni riga. D’altronde lo stesso autore afferma nell’appendice del libro: “…un nevrotico non potrebbe scrivere se non fosse sostenuto dall’umorismo: una fortuna in mezzo a tanti malanni”.
Perché “Il male oscuro” è un romanzo molto autobiografico, in cui Berto ci racconta buona parte della sua esistenza, soprattutto la prima parte. Era figlio di un ex Carabiniere del Re che – come quello del romanzo – ha lasciato l’arma per aprire un negozio di cappelli. E molti altri sono i riferimenti alla vita reale dello scrittore, che a causa delle sue nevrosi per oltre dieci anni non riuscì più a scrivere. Lo fece poi pubblicando proprio questo splendido libro, nel cui frontespizio volle mettere tre citazioni: la prima da “La cognizione del dolore” di Gadda con la frase contenete “il male oscuro”. La seconda è presa da una lettera di Freud e la terza, splendidamente illuminante, dal “Prometeo incatenato” di Eschilo che dice: “Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore”.
Un capolavoro.
Giuseppe Berto (1914-1978) sulla scia del grande Italo Svevo e del suo contemporaneo Carlo Emilio Gadda, capovolge all’indietro la pupilla del narratore, raccontando così non più il mondo esterno ma quello interno all’essere umano.
Viviamo il racconto del protagonista che inizia proprio al capezzale del padre morente. Padre severo e ottuso, che così tanto gli ha influenzato l’esistenza. E che, anche una volta morto, continua a infettagli la vita. Fra le mille cure che il protagonista prova per il suo “oscuro” e inafferrabile male fisico che inesorabilmente gli toglie sempre più parti della vita quotidiana, c’è anche quella della psicoanalisi grazie alla quale scoprirà dolorosamente se stesso e i rapporti col mondo esterno…
Se l’evento di partenza richiama fin troppo chiaramente lo straordinario “La coscienza di Zeno“, il titolo è un richiamo esplicito a “La cognizione del dolore” di Gadda. E Berto alza l’asticella dei due grandi scrittori italiani, raccontando delle nevrosi e del “male di vivere” di un uomo cresciuto all’ombra di una generazione che, con la tragedia immane della Seconda Guerra Mondiale, ha sbagliato le scelte più importanti.
Ma non basta, sulle rovine ancora insanguinate la vecchia generazione è disposta, senza fare una piega, a voltare pagine e ideali lasciando coloro che ha cresciuto – vera carne da cannone del periodo storico – ancora più disorientati e soli. Il protagonista, che dopo aver indossato la camicia nera a fine conflitto diventata un convinto uomo di sinistra, è annichilito dal comportamento del padre – ex Carabiniere del Re – che senza ammettere alcuna colpa tenta spudoratamente di adeguarsi al nuovo Paese che, suo malgrado, anche lui ha contribuito a creare.
Berto ci racconta in maniera cruda e carnale la tragedia di un uomo e di una generazione ma, come forse solo il grande Svevo aveva fatto, lo fa con un sublime e irresistibile umorismo che, sottile e implacabile, illumina ogni pagina e ogni riga. D’altronde lo stesso autore afferma nell’appendice del libro: “…un nevrotico non potrebbe scrivere se non fosse sostenuto dall’umorismo: una fortuna in mezzo a tanti malanni”.
Perché “Il male oscuro” è un romanzo molto autobiografico, in cui Berto ci racconta buona parte della sua esistenza, soprattutto la prima parte. Era figlio di un ex Carabiniere del Re che – come quello del romanzo – ha lasciato l’arma per aprire un negozio di cappelli. E molti altri sono i riferimenti alla vita reale dello scrittore, che a causa delle sue nevrosi per oltre dieci anni non riuscì più a scrivere. Lo fece poi pubblicando proprio questo splendido libro, nel cui frontespizio volle mettere tre citazioni: la prima da “La cognizione del dolore” di Gadda con la frase contenete “il male oscuro”. La seconda è presa da una lettera di Freud e la terza, splendidamente illuminante, dal “Prometeo incatenato” di Eschilo che dice: “Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore”.
Un capolavoro.
A parte la nota già di per sé positiva che questo è un romanzo veramente moderno (considerato che è stato pubblicato nel 1964 non è cosa da poco) va aggiunto che la storia del protagonista de Il Male Oscuro coinvolge appieno. Sono quasi psicologo, forse questo non va tralasciato nel riconoscere quanto io lo abbia apprezzato, ma è evidente che questo libro può essere gustabilissimo da chiunque (anche se si capisce il lettore medio potrà di certo avere qualche difficoltà di approccio alla lettura e ai temi) perché come si dice nei commenti finali a questa edizione la nevrosi del protagonista non è solo raccontata ma incarnata, vissuta soggettivamente in tutti i modi possibili, sia dal lettore che dallo scrittore, evidentemente.
Va detto che questo romanzo di Berto non può passare assolutamente inosservato agli amanti veri della letteratura, se non altro perché sancisce un angolo di svolta (così come una pietra di inciampo) alla letteratura del novecento, perché è un libro vero, forte, crudo, eppure luminoso, eroico nel suo essere ironico, folgorante nel suo valore di verità. È un testo potente, convulso, angosciante e agonizzante nel suo parlare del male del protagonista, soggetto semi-borghese di una società che si avvia al mito della realizzazione di sé e alla realizzazione del proprio talento. E in questa partita tanto amara tra il rilanciare il proprio desiderio e il lasciarsi sopraffare dall'angoscia - dalla morte di un padre che fa risalire a galla tanti fantasmi del passato, sepolti e nascosti, ma accumulatisi - c'è tutto il sovvertimento dell'ignominia di cui si fa portatore questo libro.
In definitiva un libro che si prende tutto lo spazio del comodino accanto al letto, tutto lo spazio del proprio essere un lettore, tutto lo spazio del sentimento e del pensiero, perché nel suo essere molto bello e nuovo e forte e già un classico questo libro travolge appieno.
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