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Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo Copertina flessibile – 27 febbraio 2018
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- Età di letturaDa 3 anni in su
- Lunghezza stampa191 pagine
- LinguaItaliano
- Dimensioni17.7 x 1.4 x 10.6 cm
- EditoreAdelphi
- Data di pubblicazione27 febbraio 2018
- ISBN-108845932427
- ISBN-13978-8845932427
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Dettagli prodotto
- Editore : Adelphi (27 febbraio 2018)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 191 pagine
- ISBN-10 : 8845932427
- ISBN-13 : 978-8845932427
- Peso articolo : 160 g
- Dimensioni : 17.7 x 1.4 x 10.6 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 13,621 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 50 in Critica letteraria del XX secolo
- n. 98 in Storia e critica letteraria di genere
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Si tratta di testi apparsi in giornali e riviste tra il 1953 e il 1989, il cui taglio oscilla tra il trafiletto di un paio di pagine e il breve saggio di una ventina. I lavori di maggior respiro, con qualche ambizione di sistematicità, sono gli “Appunti sul giallo” del 1954 e la “Breve storia del romanzo giallo” del 1975, dove viene riepilogata la genealogia del genere poliziesco (dagli antecedenti biblici del libro di Daniele sino ai giorni nostri) e tentata una ricostruzione dei suoi substrati sociologici e psicologici. Per il resto si tratta per lo più di scritti occasionali dove gli agganci con il mondo del giallo traggono origine da recensioni di libri, da commenti a casi di cronaca, da spunti polemici.
Com’è fatale per simili assemblaggi di scritti eterogenei, la raccolta presenta squilibri, ridondanze e lacune: certi passi si ripropongono ciclicamente più volte nei vari articoli, quasi invariati a distanza di anni, e certi autori risultano decisamente trascurati (ad esempio un grande come Raymond Chandler è appena nominato di sfuggita, e a Scerbanenco non si fa neppure cenno). Anche il taglio disorganico, però, ha i suoi titoli di fascino: soprattutto quello di restituirci il senso del pensiero in movimento, mettendo in luce costanti, variabili e linee di tendenza dell’autore nel corso di oltre un trentennio.
La principale costante è sicuramente rappresentata dall’interesse per il lato umano dell’indagine: fra gli investigatori algidamente cerebrali e quelli dotati di empatia, Sciascia si schiera senza mezzi termini con questi ultimi. I suoi prediletti sono il commissario Maigret (al quale dedica in esclusiva ben quattro testi, senza contare gli accenni sparsi un po’ ovunque), Poirot, Miss Marple, padre Brown, ma anche certi gangsters “perdenti” dei romanzi di Burnett. Decisamente meno gli interessano il freddo intellettualismo fine a se stesso di Sherlock Holmes o il perbenismo tardo-vittoriano dei personaggi di Edgar Wallace: ma a suscitare la sua avversione è soprattutto la deriva del poliziesco d’azione degli anni Cinquanta, incarnata da Mickey Spillane, con i suoi eccessi di sesso e di violenza gratuita combinati con un viraggio ideologico di destra funzionale agli indirizzi del maccartismo.
Lo scrittore s’identifica nel carattere e nei metodi dei vari investigatori e nelle ragioni d’interesse che essi presentano per il lettore, distribuendo, anche negli scritti più occasionali, un’infinità d’intuizioni e di spunti: alcuni francamente stravaganti (come la pretesa di ricollegare la simpatia di Gide e Cocteau per l’hard-boiled alle loro tendenze omosessuali- cfr. pag. 39), altri curiosi (il casuale gioco di omonimie tra il Pasticciaccio di Gadda e un successivo caso di cronaca – pag. 42), altre decisamente stimolanti, come il parallelismo tra Sherlock Holmes e Don Chisciotte (pag. 122) o quello tra i gangsters di Burnett e i “vinti” del Verga (pag. 128). Il motivo più personalmente sentito, che serpeggia un po’ ovunque in varie forme, è quello delle ragioni che impedirebbero in Italia il prodursi di una normale letteratura poliziesca: <<In Italia la realtà non offre che “gialli” senza soluzione: e perciò la rappresentazione narrativa di un’inchiesta poliziesca che, di fronte a un crimine o a una serie di crimini misteriosi, arrivi a chiarirne i modi e i moventi e ad assicurarne alla giustizia il colpevole, risulta inattendibile se non addirittura falsa. Quando le cronache offrono un caso criminale difficile o ambiguo, l’arresto del presunto colpevole genera nell’opinione italiana un senso di perplessità, di disagio: e i più sono disposti a credere all’errore della polizia, della magistratura. Non del tutto a torto, bisogna riconoscere>> (pag. 135). Uno spunto dove la coscienza civile viene a prevalere sull’interesse strettamente letterario: e non pare casuale che Sciascia, in qualità di scrittore poliziesco, abbia preferito dal canto suo adottare moduli di “detection imperfetta”, in cui l’investigatore intuisce sì la verità, ma riesce comunque sconfitto da meccanismi più forti di lui. Soluzione che sarà forse poco premiante sul piano dell’effetto romanzesco, ma che è sicuramente la più rispondente alla realtà dei fatti e all’umanità dei personaggi.
Riflessioni interessanti, spesso con quella punta di umorismo propria di Sciascia.
Consigliato a chi legge gialli e vuole farsi un'idea del loro pubblico tra gli anni '50 e '80, "scritto" da un ottimo giallista nostrano.