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The Game Copertina flessibile – 31 agosto 2021
Avvertenza: Solo per uso domestico
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- Lunghezza stampa336 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione31 agosto 2021
- Dimensioni13.5 x 1.8 x 20.8 cm
- ISBN-108806252267
- ISBN-13978-8806252267
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“È uno struzzo, quello di Einaudi, che non ha mai messo la testa sotto la sabbia”
Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (31 agosto 2021)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 336 pagine
- ISBN-10 : 8806252267
- ISBN-13 : 978-8806252267
- Peso articolo : 300 g
- Dimensioni : 13.5 x 1.8 x 20.8 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 3,950 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 215 in Giochi di società
- Recensioni dei clienti:
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Inizio a leggere, ma, dopo qualche decina di pagine, comincio a infastidirmi. L’autore sembra proporci un’apologia del mondo digitale, espressa con un linguaggio brillante, ma a volte enfatico, sopra le righe, ripetitivo. La sua ricostruzione della genesi della cultura digitale, per quanto interessante, si trasforma in un racconto quasi mitologico, una leggenda. La sua tesi è, infatti, che i gadget digitali che oggi usiamo e il come li usiamo, scaturirono dal desiderio di alcuni visionari di liberarsi dalla cultura novecentesca dei confini, della barriere, della gestione del sapere da parte di una accolita di ‘sacerdoti’ (politici, intellettuali, maestri) che li avrebbe volontariamente nascosti al popolo. Le due guerre mondiali, le dittature, il razzismo sarebbero le drammatiche conseguenze di tale cultura (e di quella dei secoli precedenti, ovviamente). In contrapposizione a ciò, i visionari, senza un programma, nè un’ideologia, proposero nuovi usi dell’informatica. Anche se ne accenna brevemente, Baricco sembra minimizzare il fatto che le basi tecnologiche necessarie (microchip, Internet, time-sharing) nacquero tutte per la Guerra fredda, generosamente finanziate dal Dipartimento della difesa degli USA per tutti gli anni ’50-’70. Resta vero ─ e qui Baricco ha ragione ─ che fu nella controcultura californiana del 1970, non in quella nei centri di ricerca militari e industriali, da cui originò l’esaptazione delle tecnologie informatiche. Questo avviene quando oggetti inventati e sviluppati per un’applicazione, trovano il loro successo commerciale in un’altra. Un esempio classico è il fonografo di Edison, inventato per registrare a voce una lettera che poi la dattilografa avrebbe battuto a macchina, ma che divenne popolare (e molto redditizio) quando un certo Berliner inventò il disco fonografico per distribuire la musica a tutti. Baricco enfatizza la nuova cultura dell’informazione facile, superficiale e giocosa (il suo paradigma è condensato infatti nel titolo: The Game, Il gioco), esaltando proprio il carattere ‘superficiale’ poiché la tecnologia porterebbe in superficie contenuti fino a ieri nascosti in profondità dai suddetti ‘sacerdoti’, democratizzando così la conoscenza. Sembra però dimenticarsi che l’accesso non era volutamente ostacolato, esistevano già le biblioteche, bastava andarci, certo era più faticoso che informarsi su Facebook, ma non più che farlo su Wikipedia. Dinamicità e superficialità sarebbero le caratteristiche positive della nuova cultura, che ci preserverebbero da nuove guerre e nuove persecuzioni? L’autore dimentica che guerre e razzismi continuano imperterriti anche grazie l’aiuto delle tecnologie digitali. Un altro aspetto critico che Baricco affronta nella seconda metà del suo libro è la nascita dei nuovi capitalisti: aziende che valgono ormai mille miliardi di dollari, quasi il PIL della Corea del Sud, che è al quindicesimo posto della classifica mondiale. Se ne dovrebbe dedurre che i vecchi capitalisti novecenteschi sono stati sostituiti da nuovi capitalisti, che hanno un potere ancora maggiore e più concentrato. Senza dimenticare i governi oppressori che possono sfruttarne i servizi. Delocalizzati in un mondo virtuale, sono ancora più difficili da controllare e la loro invasività nel privato e nel sociale è impalpabile, ma non meno pericolosa. Anche se è vero che alcuni sono nati da un’ideale (pragmatico, non dogmatico, come dice Baricco), appena raggiunto il primo milione di fatturato si sono certamente accorti che la cosa si faceva interessante! Baricco, anche se lo ammette, sembra minimizzare il problema. Ad esempio, fa notare che i servizi (app, web, chat) sono gratuiti e che non è chiaro da dove vengano i soldi necessari per implementarli, mantenerli e ricavarne un reddito, ma la cosa non sembra preoccuparlo.
Per essere sincero, arrivato a circa un terzo, stavo per abbandonare il libro, per i motivi elencati, ma poi ho deciso di continuare e, alla fine, devo concludere che si tratta di un’opera che merita di essere letta, anche se non saprei a che genere di lettore consigliarla; certo non ai nativi digitali, che non ne hanno bisogno, ma neppure ai NO-digital, che lo rifiuterebbero a priori. Rimangono gli indecisi, che sono non pochi. Il mondo digitale resta una grande innovazione, potente e efficiente (io stesso non potrei più farne a ameno) e The Game è un libro che aiuta a capirlo e a ragionarci. Proprio a questo serve un buon libro, anche quando è digitale.
Mi ha emozionato perché ho visto, finalmente, in un adulto immigrato digitale, lo sforzo intellettuale per capire il più possibile il cambiamento che è avvenuto sul globo in questi ultimi due decenni.
Quello che racconta Baricco -e lo fa molto bene, con quel pizzico di teatralità alla maniera delle "lectures" ascoltate a Mantova -, è tutto vero. Mi identifico in ciò che scrive.
Io, un paio di anni meno giovane di lui, le ho vissute fin dall'inizio pur non avendo una formazione strettamente informatica, con una vibrazione precedente agli avvenimenti che mi ha reso sicura che ci sarebbero stati cambiamenti epocali, con un'esplosione creativa mai vista in precedenza.
La stessa percezione non l'ho sentita in tanti colleghi insegnanti coetanei e non che ho provato a formare sulle nuove tecnologie funzionali all'apprendimento che, o per mancanza di esperienza diretta (snobbano il Game), o per mancanza di uno studio profondo come quello dell'autore, non possono capire il presente, le sue implicazioni emotive e cognitive, relegandosi a subire un sentimento diffuso di disagio.
Ho condiviso in rete questa citazione:
"La scuola, per dire, segna a gioco fermo ogni volta che apre le porte al mattino, ne siamo consapevoli, vero?",
perché credo proprio che nei più, ahimè, non ci sia la consapevolezza, piuttosto resistenza.
Ben venga allora questo testo che smorza il senso di ansia imperante ben rappresentato da un'informazione che approfitta di una maggioranza che ha bisogno di sentirsi rassicurata nella condivisione delle proprie paure.
Nel testo c'è qualche sbavatura, spesso rappresentata da ripetizioni un po' ossessive. Mi rendo conto, però, che siano più forme di auto convincimento, sorta di eureka, per aver capito e correlato i fatti e i pensieri.
Le mie cinque stelline sono il frutto di una valutazione data con un foglio di calcolo, che arrotonda automaticamente per eccesso il quattro e mezzo, così come è sua saggia abitudine fare. (Chi non conosce il Game si ferma al sei meno meno).