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Cattedrale Copertina flessibile – 7 ottobre 2014
Opzioni di acquisto e componenti aggiuntivi
- Lunghezza stampa226 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione7 ottobre 2014
- Dimensioni13.6 x 1.6 x 21 cm
- ISBN-10880622378X
- ISBN-13978-8806223786
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Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (7 ottobre 2014)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 226 pagine
- ISBN-10 : 880622378X
- ISBN-13 : 978-8806223786
- Peso articolo : 290 g
- Dimensioni : 13.6 x 1.6 x 21 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 20.375 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
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Con questa fulminante introduzione di Francesco Piccolo viene mostrata la suggestiva prospettiva della letteratura dell'autore statunitense, ovvero storie, personaggi ed avvenimenti banali, ma che cesellati da Carver diventano assoluti.
Sottile ed incisiva, la bella introduzione che vi consiglio di assaporare, vi farà scoprire un autore dalla prosa scarna, con personaggi scatti, vite ordinarie e banali. Oppure sarà la conferma su quello che abbiamo sempre pensato di Carver, ma che Piccolo ha sintetizzato in modo eccellente.
I racconti sono brevi, slegati tra loro, possiamo leggerli alla rinfusa, tanto non hanno un ordine di lettura.
Filo rosso che li lega è l'assoluta mancanza di un avvenimento. Siamo abituati alla classica trama introduzione-ostacolo-superamento, con una netta evoluzione dei protagonisti, invece, nello stile finto trasandato di Carver, assistiamo a personaggi banali, comuni, certamente insoddisfatti, che conducono vite immobili e prive di futuro. Le loro vite puzzano di un presente vecchio e stantio, lontano dalla croccante vita mondana Newyorkese.
Nessun evento speciale, nessun cambiamento, nessuna evoluzione, scordiamoci personaggi indimenticabili alla Jay Gatsby, perché ci imbatteremo in un Joe qualsiasi, in una Rachel qualunque, in una Main St. scarabocchiata da qualche parte su una mappa ingiallita dal sole.
Sembra di vedere uno di quei film americani a basso costo, dove il protagonista scappa da un pericoloso criminale e si ritrova nella sperduta provincia statunitense, con lo sceriffo che mastica tabacco e scappa a sirene spiegate verso il luogo del misfatto prima che arrivino i federali a togliergli il caso.
Stereotipi, luoghi comuni, banalità, qualche episodio grottesco. C'è tutto.
Ma allora perché leggere Carver?
Piccolo ci suggerisce una chiave di lettura interessante, ovvero che l'avvenimento, il climax, l'evoluzione, alla fine è poco interessante, meglio sapere cosa abbia portato a quel punto, i prodromi della storia. Quale travaglio emotivo ed esistenziale ha portato i personaggi a tale gesto, che peraltro mai conosceremo perché la storia si interrompe molto prima? Ecco, Carver ce lo illustra. Magari Joe, insoddisfatto e sciatto, non sarà mai un pericoloso criminale, ma qualora lo diventasse, sapremo come sia stata la sua vita in tempi non sospetti. Sarà la nostra fantasia a dare un futuro a Joe, un futuro che Carver non tratteggia neppure a grandi linee.
“Un film è la vita senza le parti noiose.” chiosava Hitchcock, e lui di film sì che se ne intendeva. Carver ci racconta le parti noiose, eppure le cristallizza in modo indimenticabile.
Mi perdonerà Piccolo se aggiungo una piccola considerazione personale e vi dico perché amo i testi di Carver. Semplicemente perché scrive bene. Maledettamente bene. È lo schiaffo morale a chiunque tenti di fare lo scrittore; scrive storie banali, ma le scrive in un modo sublime. E chi come me ha velleità in tal senso, lascia perdere con un senso di vergogna...
Cosa? Non vi ho parlato delle storie dei racconti? Ne ho parlato eccome, non accade nulla, i personaggi sono -citando le opere di Piccolo- trascurabili, così come le loro vite. Ad esempio a casa di Bud troviamo un orrido calco dei denti di sua moglie usato come soprammobile ed un pavone domestico, un uccellaccio dispotico ed invadente che importuna gli ospiti a cena, mentre a casa di Sandy si è guastato il frigo e deve cucinare subito tutto il cibo scongelato. Sì, alcuni episodi più significativi ci sono, ma è la quotidianità a farla da padrone.
Non ci sono preamboli, scene piene di inutili dettagli, signorine snob che adocchiano ricchi scapoli per farsi corteggiare, descrizioni di paesaggi o abbigliamento. Bud te lo immagini come vuoi tu, il belloccio da selfie sui social o il derelitto di turno.
Le storie di Carver assomigliano a quel piccolo/grande “avvenimento” che di sovente accade a chiunque, ovvero essere catapultati nella vita di uno sconosciuto perché qualcuno vicino a noi sull'autobus o sul tram parla ad alta voce al cellulare: “sì, credimi, Gianna è stanca, è l'ultima volta che...”
“che...” che cosa? Cosa non sopporta più Gianna? Chi le ha fatto del male? Chi è Gianna?
E Carver termina qui, come il nostro chiassoso vicino di posto sul tram, che scende alla fermata successiva, lasciandoci con mille dubbi su Gianna, su cosa stia subendo Gianna, su come si sia arrivati al problema che vive Gianna e che evidentemente non sopporta più, su cosa farà Gianna. Qualcosa che non sapremo mai, che forse non si risolverà mai, che forse non è neppure così importante. Che forse neppure Gianna è così importante.
È stato straniante leggere questi racconti. Vite mediocri, eventi comuni o roba da poco (o da molto per poveri alcolisti), storie che ti domandi “Ma cosa ho letto? E perché l’autore si è preso la briga di raccontare proprio questo?”
Il fatto è che Carver è arrivato, in Cattedrale’ a scrivere talmente bene, che nonostante mi trovassi a non amare per nulla l’argomento dei racconti, non potevo smettere di scrivere. Darei una fortuna per saper scrivere bene la metà di quanto bene scriveva Raymond Carver.
In genere nei suoi racconti non succede nulla, perché le cose sono già accadute o stanno per accadere.
Prima di Raymond Carver, la letteratura si occupava sostanzialmente dei momenti topici della vita delle persone.
Ma, secondo lo scrittore americano, quando i fatti esplodono non sono poi così interessanti.
Non è l'esplosione a essere decisiva, ma il momento in cui è stata accesa la miccia. E questo momento può essere anche molto lontano nel tempo e forse, mentre accade, non sospettiamo che quell'avvenimento, apparentemente leggero e insignificante, potrà cambiare completamente la nostra vita.
Cattedrale, pubblicato nel 1983, è il suo libro più importante. In questi racconti è concentrata tutta l'energia che Carver aveva accumulato e dalla quale è scaturita ogni parola successiva.
Dopo aver consegnato il libro, Carver non ha lavorato per un bel po' di tempo. E' come se avesse detto tutto quello che aveva da dire in quel momento.
Carver applica la letteratura a quella parte quasi inconsistente che è la vita; e così davanti a noi, mentre leggiamo, c'è proprio la vita così com'è.
Il racconto che dà il titolo alla raccolta è uno dei più significativi. All'inizio ci sono due personaggi che non sembrano avere molto in comune. Uno dei due deve accogliere in casa uno sconosciuto, per giunta cieco, ed entrambi sono insofferenti a questa situazione.
Ma nel racconto avviene un profondo cambiamento e nel breve arco della narrazione vediamo un sentimento di poca umanità trasformarsi in un sentimento profondamente umano, in modo semplice e sorprendente allo stesso tempo.
Un testo da leggere, come la raccolta a cui dà il nome.
Nessuno dei personaggi ha alcunchè di speciale, eppure ti interessa ascoltarli, seguire ciò che accade loro,
spesso nulla di che all'apparenza, ma per qualche ragione interessante.
E'la prosa che, senza alcuna affettazione o pretesa di portarti in una visita psicanalitica dei protagonisti, è elegante, essenziale, definitiva.
Ogni persona alla fine appare nel suo lato originale, anche banale ( sì, è un ossimoro, ma è così .
Carver mi è piaciuto per questa capacità di trasformare il quotidiano apparente, in realtà coinvolgente.
Forse sta in questo il suo portato?
L'ultimo dei racconti(Cattedrale), sembra che voglia suggerirci che...
... basta averle dentro, le immagini, i sogni...perchè esistano e non siano meno vivide e vere, della realtà.
" Il cieco le ha risposto : - mia cara, ne ho due di televisioni. Uno a colori e un pezzo d'antiquariato in bianco e nero.
E' buffo, ma se l'accendo, e l'accendo spesso, accendo sempre quella a colori. Non ti sembra buffo?"