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La zona d'interesse Copertina rigida – 29 settembre 2015
Opzioni di acquisto e componenti aggiuntivi
- Lunghezza stampa304 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione29 settembre 2015
- Dimensioni14.7 x 2.6 x 22.6 cm
- ISBN-108806223542
- ISBN-13978-8806223540
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Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (29 settembre 2015)
- Lingua : Italiano
- Copertina rigida : 304 pagine
- ISBN-10 : 8806223542
- ISBN-13 : 978-8806223540
- Peso articolo : 410 g
- Dimensioni : 14.7 x 2.6 x 22.6 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 9,162 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 814 in Narrativa contemporanea (Libri)
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- Gli ultimi lavori di Amis, da ‘La Vedova Incinta’ a ‘Lionel Asbo’, non hanno ricevuto critiche positive neanche nel Regno Unito e negli USA, ma
‘The Zone of Interest’, invece, è piaciuto molto e i critici hanno sottolineato come lo scrittore non presenti una narrativa rassicurante né abituale rispetto alla shoah, ma non manchi di assoluto rigore morale nel suo approccio. “Ho voluto sottolineare nel mio romanzo l’idiozia di tutta l’impresa nazista, l’incomprensibilità completa di tutto”, ha proseguito Amis, dicendosi “stupito” della decisione di Hansen e aggiungendo: “Io non credo di dover giustificare il mio romanzo”. Per lui parlare di olocausto significa fare come “quando ci sono le indagini dopo un incidente aereo”: per le vittime non si può più fare nulla, “ma si fa tutto il possibile per scoprire le cause ed evitare che si ripeta un crollo per gli stessi motivi”, tanto più che “sulla strada verso la conoscenza ogni centimetro conta”- CIT.
Non posso però dare un voto pieno, perché, pur nel suo lodevole intento, l'autore ha esagerato. I dialoghi si dilungano, si dilungano, si dilungano ed entrano a far parte di un quadro astratto da cui, ad un certo punto, è il lettore stesso a distaccarsi. Martin Amis non ha avuto il coraggio di dipingere fino in fondo la banalità del male, ma ha reso i suoi personaggi quasi dei filosofi del male, e non si riesce più a seguirli bene.
Anche la parte finale è stata moooolto allungata, anzi, oserei dire non necessaria. Se si fosse fermato a 'postumi', sarebbe stato meglio.
il punto non credo sia se e come scegliere di parlare ancora oggi dei Campi di sterminio, ma se come diceva Lenny Bruce "La comicità è tragedia più tempo" forse bisognerebbe tenere conto che di certe tragedie non è proprio possibile che passi abbastanza tempo per parlarne in maniera obliqua, seppure si riconosce il tentativo di Amis di omaggiare gli ebrei, come a ricordarli usando un filtro ulteriore, il tempo e i suoi assiomi, la stupidità attribuita ai loro carnefici non è abbastanza perche non si sfiori il rischio del cattivo gusto e del conseguente svilimento delle vittime...perchè è questo che sono ancora oggi: vittime e nessun nobile tentativo di raccontare filtrando attraverso il passare del tempo e la attribuita enorme stupidità ai loro carnefici gli renderà più omaggio della cruda verità...my two cents...
ps. come è possibile che nella sua dottissima bibliografia di fine volume, Amis non abbia incluso l'illuminante Anatomia della distruttività umana di Fromm?