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Lulu on the bridge Copertina flessibile – 2 marzo 1999

4,0 4,0 su 5 stelle 2 voti

Izzy, un giovane sassofonista che non può più suonare il suo strumento a causa di una ferita d'arma da fuoco al petto, camminando una sera per le strade di Manhattan scopre il cadavere di un uomo con una borsa al suo fianco. Nella borsa un numero di telefono e una strana pietra che si illumina al buio. Il numero di telefono, che Izzzy si affretta a chiamare, è quello di una ragazza, Celia, aspirante attrice. Per caso Celia ha appena comprato un cd di Izzy; nasce così una storia d'amore. Celia, dopo avere ottenuto la parte di Lulu in un film, lascia New York per Dublino. Izzy sta per raggiungerla quando viene rapito da un certo dottor Horn alla ricerca della pietra, che però è rimasta nelle mani di Celia...
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Descrizione prodotto

Recensione

Lulu on the bridge

Giuseppe Culicchia, Tuttolibri - La Stampa

La sola cosa bella che ho mai fatto è suonare. Se non posso più suonare, meglio essere morto. Sono stato chiaro? Preferirei aver perso tutte e due le gambe, o tutti e due gli occhi, invece del polmone sinistro. Polmone uguale respiro. Respiro uguale musica. Musica uguale vita. Senza musica io non ho più vita». Questa frase, al cinema, l'ha pronunciata Harvey Keitel. Ma a scriverla a penna e poi batterla a macchina è stato Paul Auster, tra gli autori americani contemporanei uno dei più amati anche in Europa. Il libro da cui è tratta, Lulu on the bridge, tradotto come al solito superbamente da Massimo Bocchiola, è una sceneggiatura che si legge come un romanzo, con tanto di schizzi e foto di scena in cui si riconoscono oltre al protagonista del Cattivo tenente i vari Mira Sorvino, Vanessa Redgrave e Willem Dafoe. E il regista del film, che nelle sale uscì nel 1998, fu lo stesso Auster, ansioso di mettersi in gioco dietro la macchina da presa dopo che tre sue sceneggiature erano già approdate nelle sale (La musica del caso per la regia di Philip Haas nel 1993, Smoke e Blue in the Face per la regia di Wayne Wang nel 1995). Paul Auster, che a questo punto è prossimo ai sessant'anni essendo nato a Newark nel New Jersey nel 1947, vive a New York, città al centro della sua famosa «Trilogia», e si ostina a scrivere le sue opere col metodo citato sopra, tenendosi alla larga dalla tecnologia: «Mi piace il suono dei tasti della mia macchina per scrivere. Uso la stessa da trent'anni, e l'ho comprata di seconda mano. Si è rotta solo una volta e me l'hanno aggiustata. I computer ti danno problemi di continuo». Parole sante. Ad ogni modo: New York, autentica musa ispiratrice dello scrittore famoso anche per essersi imbarcato su una petroliera il giorno stesso della laurea allo scopo di fare il pieno di storie, fa da sfondo anche alla storia di Izzy, sassofonista jazz in un gruppo di nome Katmandu che non ha mai conosciuto un vero successo. Una sera come tutte le altre, nel club in cui suona, Izzy fa giusto in tempo a uscire dal bagno, imbattersi in una coppia di fan che tratta come due importuni e salire sul palco. Lì, attacca a suonare insieme con la band. Ma è un attimo: nel buio del locale a un tratto un uomo tra il pubblico dà in escandescenze a causa di un litigio con la sua Nancy, dopo di che estrae una rivoltella e si mette a sparare. Uno dei proiettili indirizzati alla donna colpisce per errore proprio Izzy, e gli perfora una mano e il petto. Il musicista si risveglia in un letto d'ospedale, la mano sinistra spappolata e un polmone in meno, e alla dottoressa Fischer dice la frase riportata all'inizio. Si tratta, in realtà, dell'inizio di un viaggio per cui Izzy ha già fatto (senza saperlo) il biglietto d'andata ma anche quello di ritorno. Poco per volta il sassofonista, che grazie a quel proiettile è finito sulla copertina del New York Post diventando improvvisamente famoso e conoscendo il successo mai ottenuto in precedenza, recupera le forze. E scopre che dopo l'inattesa notorietà c'è gente che improvvisamente si ricorda di lui, tra cui Hannah, la moglie di un tempo, che intanto si è rifatta una vita con Philip, un produttore cinematografico. Una sera, dopo aver conosciuto il nuovo partner della sua ex a casa di questi, Izzy torna a casa a piedi e attraversa la zona di Tribeca. A un certo punto ha la sensazione di essere seguito. Innervosito, si volta, ma alle sue spalle non scorge nessuno. Poco dopo però si imbatte in un uomo steso a terra, che dapprima scambia per un ubriaco. In realtà si tratta di un cadavere: Izzy viene colto dal panico quando si rende conto che l'uomo non è altro che il suo doppio, cade a terra in preda allo shock. Cerca di rialzarsi, incespica, casca nuovamente; e sull'asfalto si ritrova tra le mani una valigetta. Più, tardi, finalmente a casa, la apre. E dentro, all'interno di una scatoletta e di un imballaggio fatto con brandelli di giornale, trova una strana, anzi stranissima pietra dalla luce azzurrina. Sarà la pietra a portarlo da Celia, aspirante attrice che mantiene se stessa e le sue speranze facendo la cameriera. E sarà Celia (che nel film girato da Auster ha il volto di Mira Sorvino) a regalare a Izzy l'amore, mentre questi la introdurrà nel mondo del cinema. Se vi siete persi sia il libro sia il film, è meglio non rivelare il finale di questa storia che parla dei nostri desideri e della nostre sconfitte. Una favola sospesa tra mondo reale e immaginario, dolceamara e fatta con lo stesso materiale con cui sono fatti i sogni.

Dettagli prodotto

  • Editore ‏ : ‎ Einaudi (2 marzo 1999)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 200 pagine
  • ISBN-10 ‏ : ‎ 8806149822
  • ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8806149826
  • Peso articolo ‏ : ‎ 259 g
  • Dimensioni ‏ : ‎ 13.5 x 1.5 x 21.3 cm
  • Recensioni dei clienti:
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Paul Auster
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